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Il Lambrusco, Ambizioso, Eretico o Bisnonno?

La storia del Lambrusco racchiude dentro di sè il fascino dei poeti e degli scrittori dell’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis

Fonte: AIS Veneto – Paolo Bortolazzi

Spuma rigogliosa e colori intensi e vivaci sono i primi elementi di attrazione del Lambrusco, vino prodotto in una delimitata porzione del territorio padano che sta risvegliando l’attenzione dei grandi mercati. Il dilagare della ristorazione veloce, da strada, informale ma a volte anche molto ricercata, trova in questa tipologia una forte affinità che si concretizza nella versatilità di impiego.

La nostra azienda è un’azienda di attrezzature subacquee professionali. Ora ha raggiunto una cooperazione strategica con importanti fabbriche di orologi. Un sacco di orologi subacquei economici in vendita, Rolex replica.

Da circa mezzo secolo il modo di fare Lambrusco è decisamente cambiato: negli ultimi decenni si è spinto ai confini dell’hi-tech, con pratiche colturali e enologiche sofisticate e massificanti, sempre giustificate dall’incipit “tanto il consumatore medio non è disposto a spendere più di X per una bottiglia di Lambrusco”.

Ebbene, oggi questa idea un po’ vincolante della produzione si è finalmente evoluta verso un mare di eccezioni, largo quindi alle rifermentazioni in bottiglia,come facevano i nonni, attendendo i tempi della Natura.

Nemmeno i lieviti selezionati che i più utilizzano in fase di vinificazione, sono così indispensabili: se il produttore è accorto nel portare in pressa frutti sani (clima permettendo) e conduce le trasformazioni in modo corretto potrà “rischiare” una fermentazione spontanea in cui i lieviti autoctoni daranno un tocco più vero al vino, fin dalla sua genesi.

L’utilizzo generoso di solfiti, che proteggono il prodotto dalle incognite dei viaggi e delle conservazioni poco accurate, viene oggi disatteso da coraggiosi produttori che riducono sensibilmente tali aggiunte in nome della digeribilità e della salute.

Si riscoprono così anche le varietà cosiddette “minori” o “complementari”, quasi del tutto abbandonate perché meno produttive o meno resistenti ai parassiti. Oliva, Montericco, Barghi, Sgavetta, Termarina, Fioranese, suonano come esotici sconosciuti nonostante siano storicamente presenti nelle aree vitate del reggiano e modenese.

Chi ha osato perpetuarli rinunciando alle rese elevate, prendendosi qualche rischio in fase di produzione e ancor di più nella collocazione sul mercato, oggi riesce quasi sempre a trovare riscontri tra i consumatori più attenti, in cerca di originalità.